Il complesso archeologico comunemente noto come “Domus del Chirurgo” è uno dei più importanti e suggestivi non solo del territorio riminese o della Regione Emilia-Romagna ma dell’intero Paese.
Il documentario prodotto da Bottega Video di Rimini che viene presentato in questa occasione offre uno spaccato delle evidenze più significative corredato da intervizte ad archeologi e studiosi
Intervengono Piero Pruneti, direttore di Archeologia Viva, Maria Grazia Maioli, archeologa della Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia Romagna, Jacopo Ortalli, docente di archeologia all’Università di Ferrara, Stefano De Carolis, storico della medicina, Maria Luisa Stoppioni, archeologa del Museo della Città di Cattolica, e Sara Paci, autrice del documentario per Bottega Video.
La presentazione è preceduta dai saluti di Antonella Beltrami, Assessore alla Cultura del Comune di Rimini, Alfredo Aureli, Presidente di Fondazione Carim, e Alberto Martini, Direttore Generale di Banca Carim.
Alle ore 11.45, all’interno della domus del Chirurgo, avrà luogo la breve pièce teatrale ”Quando manca la luna“ di Marco Sassi, con Simona Matteini
Alle ore 12.00 visita al sito archeologico della Domus del Chirurgo con Jacopo Ortalli, guida d’eccezione, e ingresso gratuito.
Alle ore 12.45 Cocktail Buffet a cura di Catering & Banqueting di Riccione
14/11/2009
Sala del Giudizio del Museo Comunale, Via Tonini n. 1 – Rimini
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Interessanti risultano le frequentazioni tardoantiche e altomedievali:
Il palazzo tardoantico
Alla distruzione della domus del Chirurgo e all’immediata erezione delle nuove mura della città, che quasi la lambirono, fece seguito il completo abbandono dell’area.
Tale situazione, che rifletteva il particolare momento di crisi della città e dello stesso impero romano, mutò solo verso gli inizi del V secolo, in concomitanza con importanti mutamenti storici.
Il trasferimento della sede imperiale a Ravenna, attuato da Onorio nel 402, comportò infatti la parziale rivitalizzazione delle città romagnole, in cui comparvero nuove residenze di lusso abitate da alti ufficiali e funzionari di corte. A questo periodo risalgono appunto i resti conservati nel settore meridionale dello scavo, riferibili ad un’abitazione di tipo palaziale che rioccupò la parte anteriore del vecchio isolato, di fronte al decumano.
L’edificio, scoperto solo in parte, presentava un ampio cortile decorato da una fontana a ninfeo con canali; attorno a questo si disponeva un articolato complesso, ristrutturato e ampliato tra la fine del V e gli inizi del VI secolo, sotto il regno dei Goti.
I ruderi dell’impianto mostrano diversi ambienti, talora dotati di sistema di riscaldamento, collegati da un corridoio angolare; le stanze, con murature laterizie, sono pavimentate da mosaici policromi a complessa decorazione geometrica.
La prestigiosa natura dell’abitazione tardoantica e l’alto rango del personaggio che vi risiedette sono tra l’altro testimoniate dal vano cruciforme con ipocausto e dalla vasta aula absidata che la fiancheggiava, certamente utilizzata dal dominus come sala di rappresentanza e ricevimento.
Le strutture altomedievali
Nel corso del VI secolo, ai tempi della guerra tra Goti e Bizantini, il palazzo tardoantico iniziò a mostrare segni di degrado, per poi essere distrutto, demolito e completamente interrato. In seguito l’area accolse un piccolo cimitero, forse collegato ad un edificio religioso sorto nelle vicinanze, secondo la pratica cristiana che ormai permetteva di seppellire anche dentro la città. Come testimoniano alcune tombe ancora conservate all’interno dello scavo, gli inumati erano deposti in semplici fosse, talora protette da coperture in tegole, che spesso giunsero ad intaccare i sottostanti pavimenti a mosaico. Il sepolcreto fu utilizzato fino al pieno VII secolo, dopo di che l’area fu occupata da nuove strutture abitative. Come d’abitudine per il periodo altomedievale, la casa riportata in luce era circondata da spazi aperti, forse coltivati ad orto, ed era edificata con materiali deperibili: gli alzati, sorretti da leggere fondazioni in frammenti laterizi, utilizzavano pali di legno e murature in argilla, mentre i pavimenti erano costituiti da terra battuta. Nel settore sudoccidentale dello scavo archeologico sono tuttora visibili alcune di queste strutture; sui livelli di calpestio, accanto a varie buche di palo, tra l’altro si conserva un grande focolare con piano di combustione in frammenti di mattoni romani di reimpiego. Alcuni modesti rifacimenti documentano la sopravvivenza degli impianti abitativi fino all’VIII secolo. In seguito l’area restò inedificata, venendo ricoperta da strati di terreno colturale che solo in età tardomedievale accolsero nuove costruzioni.
da http://www.archeobologna.beniculturali.it