Tra i primi dossier – o “grane” – sul tavolo di Dario Franceschini, dal 22 febbraio alla guida del ministero dei beni e della attività culturali (Mibact), c’è «la sciagurata decisione», come la definisce il professor Federico Marazzi, di chiudere il Museo nazionale dell’Alto Medioevo di Roma, presso il Palazzo delle Scienze all’Eur. «Certamente, spiega l’illustre medievista, la cosa che più mi ha colpito in questa vicenda è stato il fatto che questa decisione sembra sia stata presa con il “pilota automatico”. In assenza cioè di qualsiasi confronto con la struttura tecnica della Soprintendenza, per capire come si sarebbe potuta affrontare, anche a livello pratico, l’ipotesi dello smantellamento e del ricollocamento di una struttura museale all’interno della quale si trovano anche elementi monumentali per i quali non è di certo possibile provvedere in poco tempo e senza una prospettiva precisa a una loro ricollocazione».
Il museo, aperto nel 1967, espone una straordinaria collezione di reperti e contesti di grandissimo interesse: basti pensare ai meravigliosi rivestimenti marmorei di una ricca domus di Ostia, ai corredi delle necropoli longobarde di Nocera Umbra e Castel Trosino (VI-VII secolo), ai rilievi marmorei di alcune chiese di età carolingia (IX-X secolo), o alla preziosa collezione di tessuti copti (III-X secolo).
«Chiediamo che si rinunci a impoverire ulteriormente il patrimonio museale romano e italiano», ha scritto in una nota Marco Valenti, segretario della Società degli archeologi medievisti italiani (Sami). E ha aggiunto: «Le ricadute che un museo, un archivio o una biblioteca possono avere sono diverse e ben più “remunerative” rispetto a una malintesa visione mercantilistica del bene culturale; i vantaggi di un museo sono anche e soprattutto in termini di crescita culturale, di miglioramento del benessere e della qualità della vita».
Secondo Marazzi, «si può anche discutere dell’esigenza di razionalizzare sedi, e quindi costi e funzioni, ma quando si ha a che fare con oggetti complessi e delicati, questo va fatto quanto meno interloquendo con chi della struttura museale e dei suoi reperti ha precisa cognizione, ovvero chi ne ha la direzione scientifica». Il paradosso, sottolinea Marazzi, è che «la notizia della chiusura è arrivata quando la Soprintendenza aveva trovato risorse per avviare un progetto di ammodernamento e di risistemazione dell’esposizione museale, anche in rapporto al fatto che il plesso Pigorini-Alto Medioevo si verrà a trovare tra breve a due passi dalla Nuvola di Fuksas e quindi da un potenziale enorme afflusso di visitatori.
Insomma, la vicenda è stata male impostata all’interno dello stesso ministero, con una sorta di cecità amministrativa che lascia davvero perplessi.
Marazzi dice di non volere entrare nel merito del valore in sé del museo minacciato di chiusura, «sinora troppo poco messo in evidenza (che consiste nel fatto che esso è l’unico luogo in Italia dove si può raccontare l’epoca delle grandi migrazioni, della fine del mondo antico e dell’inizio del medioevo), perché nella situazione attuale sembrerebbe quasi come occuparsi di lustrare la cristalleria mentre la casa viene giù per un terremoto». «Spero vivamente – dice ancora Marazzi – che la cosa venga riesaminata con maggiore serietà e con l’attenzione che si deve mettere in questioni di tal genere».
Fin dalla sua inaugurazione, il museo romano, come altre strutture del ministero dei beni culturali, è in affitto in edifici di proprietà dell’Eur Spa, società partecipata dal ministero dell’economia per il novanta per cento e dal Comune di Roma per il dieci, al quale il Mibact versa 11,5 milioni annui per canoni di locazione. Come ha scritto sul manifesto il presidente della Sami, Giuliano Volpe, è «un assurdo paradosso: lo stato che paga allo stato!». E «ora la mannaia dellaspending review impone risparmi: e si comincia con il lo spazio dedicato al Medioevo, il cui canone annuo è di 370mila euro (circa il tre per cento del totale dei canoni pagati dal Mibact all’Eur). Un risparmio limitato se si considera non solo la spesa complessiva, ma anche i costi necessari per il trasferimento e il nuovo allestimento».
Perché non si affronta l’assurdo problema delle locazioni passive alle quali il Mibact destina ormai gran parte delle sue scarse risorse? La domanda, la pone Volpe nel suo articolo,ed è un interrogativo cruciale, uno dei possibili temi da cui potrebbe cominciare a ragionare e a organizzare il suo “percorso” ministeriale un politico come Franceschini, che crede nel suo nuovo incarico nuovo, e lo dimostra il fatto che, pur di ottenerlo, ha rinunciato ad altri di maggiore “peso”.
Guido Moltedo su europaquotidiano.it