L’Italia è un paese straordinario, riserva continuamente scoperte e anche sorprese imprevedibili. Il patrimonio culturale è diffuso in ogni luogo, in ogni borgo, nei centri storici, nelle campagne, nelle acque. Molti però sono i beni culturali troppo spesso in stato di abbandono. Si pensi alla miriade di piccoli musei, di aree archeologiche, di chiese o palazzi chiusi. È un enorme patrimonio diffuso (vera peculiarità del modello italiano) da decenni condannato al degrado e alla marginalità o, nel migliore dei casi, a una gestione del tutto insoddisfacente, che mai il Pubblico sarà in grado di gestire da solo.
Altrettanto numerose le esperienze di cura, tutela, manutenzione, valorizzazione e gestione sviluppatasi in varie forme.
In tale contesto, la presunta contrapposizione pubblico-privato rappresenta un falso problema, perché il reale conflitto è tra interesse privato e interesse pubblico (quest’ultimo ovviamente sempre da garantire, anche quando la gestione è affidata a privati). Grandi e piccole fondazioni, fondazioni operanti in vari territori, associazioni e piccole società e cooperative, singoli professionisti sono attivi, spesso in maniera scoordinata, senza adeguati supporti. Realtà spesso sconosciute, che operano in silenzio tra mille difficoltà.
Lo Stato e le varie istituzioni pubbliche, abbandonando definitivamente la tradizionale concezione ‘proprietaria’ del patrimonio, dovrebbero favorire tali straordinarie energie e le vitali creatività presenti nei vari territori, sostenendo la nascita e il consolidamento delle mille iniziative diverse, indirizzandole, coordinandole, monitorandole.
Non si tratta, infatti, di chiedere un passo indietro da parte delle istituzioni pubbliche, ma, al contrario, uno in avanti, in un’ottica di vero servizio pubblico: si recupererebbero, così, e si curerebbero pezzi di patrimonio culturale restituito a nuova vita; si garantirebbe la pubblica fruizione; si svolgerebbero servizi per le comunità locali; si costruirebbero luoghi di produzione culturale.
La politica dovrebbe saper valutare, apprezzare e sostenere questi sforzi, non con l’assistenza (o peggio con l’assistenzialismo o con fondi assegnati ‘a pioggia’), ma con un’azione di coordinamento e indirizzo, con la rapidità delle autorizzazioni, con la trasparenza delle procedure.
Il patrimonio culturale, nello spirito della Convezione di Faro, dovrebbe essere al centro dell’azione delle ‘comunità di patrimoni’, che proprio tali iniziative dal basso possono attivare, e potrebbe e dovrebbe favorire anche nuove occasioni di lavoro qualificato e di economia sana e pulita, come proprio il caso delle Catacombe del Rione Sanità di Napoli dimostra in maniera esemplare.
Per tale motivo si stanno organizzando gli “Stati Generali della gestione del patrimonio culturale dal basso”, a Firenze il 23 febbraio prossimo, nell’ambito di TourismA.
Sarà questa una prima occasione per dare voce alle tante realtà sommerse, operanti nel campo del patrimonio culturale: un ambito nel quale serve, più che altrove, coraggio, creatività, e voglia di sperimentare soluzioni nuove.
Nell’ambito di Tourisma – salone di archeologia e turismo culturale
sabato 23 febbraio dalle ore 14:00 alle 18:00
Palazzo Dei Congressi, Piazza Adua, 50123 Firenze