Dopo l’articolo pubblicato ieri e ripreso dalle pagine de “L’Arena” ho sentito l’esigenza di approfondire e fare una riflessione sulle interessanti indagini archeologiche e sulle modalità di intervento attivate per i lavori nell’anfiteatro veronese.
Le recenti scoperte all’interno dell’archivolto 58 dell’Arena di Verona ci mostrano una delle sue funzioni in un periodo di forte instabilità politica ed economica come quello altomedievale, un aspetto del tutto inedito e poco conosciuto fino ad ora.
La scoperta delle settimane scorse negli arcovoli 59 e 60 ci ha aperto una finestra sulla fondazione dell’Arena da collocare nella prima metà del I sec. d.C. e molto probabilmente nell’età dell’imperatore Claudio, quando l’intera città fu teatro di un processo di monumentalizzazione che rinnovò gran parte degli spazi e degli edifici pubblici cittadini, forse proprio nel momento dell’acquisizione del titolo di colonia da parte della città.
Dopo i fasti delle celebrazioni dell’età imperiale, dopo la conquista da parte di Goti e Longobardi, in una sequenza di alternanze al potere che vide coinvolti anche i Romani d’oriente, i Bizantini, quali funzioni ebbe l’Arena?
Gli ultimi ritrovamenti archeologici ci parlano di frequentazioni all’interno degli arcovoli per scopi variegati, come tra l’altro attestato nella maggior parte dei monumenti pubblici delle città, dell’oramai ex Impero romano d’occidente, cadute in forte decadenza.
Nella città di Verona molti sono stati gli indicatori che hanno portato ad una lettura abbastanza chiara delle dinamiche insediative tardoantiche ed altomedievali: numerosi sono i contesti che hanno illustrato le rioccupazioni di strutture (case private ed edifici pubblici) con una diversa destinazione d’uso dei locali, così come la costruzione di nuovi edifici in materiale di recupero (si pensi per esempio a quelli costruiti nell’area delle tabernae del Foro).
Paolo Diacono ci narra di un disastroso incendio che colpì la città nell’anno 590; gli interventi archeologici degli anni passati ci hanno raccontato che da quel momento la città, se pur in un aspetto e un tenore molto diverso, continuò a vivere ricostruita su strati di macerie. Ma Verona fu anche sede delle corti Regie dei maggiori regnanti Goti e Longobardi, promotori anche di un’edilizia palaziale di corte. L’immagine che ci riporta indietro nel tempo come una fotografia dell’epoca è quella dell’iconografia del vescovo Raterio. Anche se al centro di un’ aperta discussione circa la sua datazione, in questo contesto basta a far comprendere come palazzi, chiese e alte cinte murarie fecero di Verona una delle città più importanti dell’intera penisola in epoca altomedievale.
In questo alternarsi di palazzi di prestigio e case di terra si va ad inserire anche il contesto funerario rinvenuto all’interno dell’Arena. La dott.ssa Brunella Bruno, il funzionario archeologo della Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto responsabile degli scavi, ci conferma che il ritrovamento consiste in un’occupazione funeraria che sembra collocabile nell’altomedievo (VII-IX secolo), periodo che i precedenti interventi nell’anfiteatro non avevano ben messo in luce. “E’ stata individuata una sepoltura ad inumazione relativa ad un individuo in decubito dorsale (con orientamento ovest-est), in connessione anatomica ma con la testa sconnessa, probabilmente in origine dentro cassa lignea. Ad una preliminare osservazione, l’individuo si ritiene di sesso femminile e di età intorno ai 18 anni. Successiva alla sepoltura è una fossa contenente i crani e altri resti ossei di almeno altri due individui. I reperti recuperati confermano l’orizzonte altomedievale delle sepolture: in particolare, una tipologia di anfora vinaria bizantina, molto rara in Italia settentrionale e caratteristica dei contesti socio-economici elevati, parrebbe denotare individui di un certo rango. L’occupazione funeraria, in questo arco di tempo, caratterizzò anche diversi altri anfiteatri, tra cui il Colosseo. Tra VII e IX secolo, dunque, l’Arena fu parzialmente abbandonata e gli spazi degli arcovoli (quali strutture chiuse e protette) divennero luoghi funerari in un certo senso privilegiati? Forse le sepolture erano annesse a delle abitazioni? O le tombe ritrovate parlano di una frequentazione religiosa? Siamo solo agli inizi delle indagini e le evidenze sono al momento assai limitate: contiamo però che la prosecuzione delle attività di scavo nell’arcovolo 58 consentano di tratteggiare, con i dettagli dell’evidenza materiale che solo l’archeologia è in grado di restituire, anche questa nuova pagina di storia dell’Arena.”
Oltre alla notizia storica di una nuova prospettiva sul riutilizzo degli ambienti dell’Arena, mi premeva sottolineare la particolare sinergia instaurata in questo specifico intervento tra lo staff della Soprintendenza, quella del Coordinamento Edilizia Monumentale del Comune di Verona di cui è responsabile l’ing. Sergio Menon e la squadra di bravi professionisti archeologi incaricati dal Comune (Dario Gallina e l’équipe coordinata da Simon Thompson).
Insieme, hanno saputo cogliere l’occasione (nel contesto della realizzazione della nuova cabina elettrica dell’anfiteatro) per impostare un’indagine archeologica preventiva impostata secondo strategie mirate, indagine che è riuscita a scrivere una nuova pagina di storia del monumento.
L’esperienza ci fa capire, in particolare, quanto sia preziosa la condivisione degli obiettivi e della progettualità da parte delle Amministrazioni pubbliche preposte alla gestione e alla tutela dell’Arena, considerandola non solo come una spettacolare cornice di eventi o come attrazione turistica, ma anche come uno scrigno di storia che ha bisogno di cure e di interpretazioni specifiche atte a svelare una continuità di vita vissuta che, con i suoi alternati momenti storici di fama e di decadenza, hanno segnato e (con la giusta dedizione) segneranno ancora la storia degli uomini e delle donne di questa città.
Luciano Pugliese