È nato sul monte San Michele, sopra Cavaion, l’Archeoparco Bastia San Michele. Il sito archeologico d’epoca medioevale, in cui sono state trovate testimonianze risalenti anche all’Età del Bronzo, è pronto ad accogliere veronesi e turisti, sportivi e amanti della natura dopo un decennio di restauri a cura della Soprintendenza Beni Archeologici del Veneto e del Nucleo operativo di Verona. Aprirà al pubblico dopo l’accordo di convenzione tra amministrazione e Associazione archeologica cavaionese, che ha dato la propria disponibilità per gestire l’area comunale.
Si può raggiungere a piedi, da un sentiero, oppure in bicicletta, tramite un allacciamento con la pista ciclabile Adige – Sole. E tra i primi ad arrivare in sella, ieri direttamente da Verona, il sovrintendente veneto Vincenzo Tinè e la responsabile del Nucleo di Verona Brunella Bruno.
Alla cerimonia inaugurale, infatti, i funzionari sono giunti sulle due ruote insieme a un gruppo di cicloamatori della Fiab. Un arrivo originale, «che non ha precedenti in Italia», per ammissione dello stesso Tinè, in testa al gruppo di ciclisti partiti da piazza Bra.
Erano attesi, alla Bastia, dal sindaco Lorenzo Sartori e dalla sua amministrazione, dall’assessore provinciale alla cultura Marco Ambrosini, dalla dirigente regionale ai Beni culturali del Veneto Fausta Bressani, dalla direttrice del Museo archeologico di Cavaion Alessandra Aspes, dall’ispettore della Sovrintendenza e presidente dell’Associazione Archeologica Cavaionese Mario Parolotti, dal parroco don Daniele Granuzzo, da alcuni studenti del liceo Cotta di Legnago che hanno partecipato in passato a campagne di scavo, da archeologi e da associazioni. «Le pietre parlano», avverte il parroco, «l’importante è saperle ascoltare».
Tinè e Bruno, appassionati ciclisti, hanno scelto un modo ecologico per partecipare all’inaugurazione. Ma non solo per amore della bicicletta. Il sovrintendente veneto spiega: «L’archeologia deve essere solo una delle possibilità del territorio per promuoversi, da unirsi in un contesto più ampio, che vada da arte e cultura a sport ed enogastronomia».
Questo Archeparco si rivolge dunque ai cultori della storia quanto ai ciclisti. E niente di meglio, allora, che dimostrarlo dal primo giorno e in prima persona. «La tutela fine a se stessa non ha più senso», continua Tinè, «oggi le Sovrintendenze puntano sulla valorizzazione dei beni culturali. Chiaro che bisogna trovare l’equilibrio tra diverse esigenze».
Fondamentale, per Bruno, la collaborazione tra enti pubblici e volontari: «Questo sito è frutto soprattutto della loro dedizione», afferma. L’integrazione tra istituzioni e società civile è stata sottolineata anche da Bressani: «Sono luoghi come questi che rendono unica l’offerta culturale del Veneto, la prima regione turistica d’Italia», aggiunge. E ancora Bruno: «Nel 2003 questo sito non esisteva, ma non abbiamo mai perso le speranze e l’abbiamo voluto fortemente, nonostante vari problemi, sia di accessibilità che tecnici».
Camilla Madinelli su larena.it