Sarà inaugurata il 30 marzo una mostra di reperti tra i quali quelli derivanti da scavi nel sito. L’allestimento nella cappella dell’eucaristia delle monache adiacente alla chiesa di San Giovanni.
Dalla diaspora al ritorno: un’ampia rassegna dei tesori appartenuti, un tempo, al monastero di Santa Maria in Valle o riemersi, nel corso di varie campagne di scavo, dal sottosuolo dell’antichissimo sito torna… a casa. Per un anno, intanto, ma la prospettiva è quella di una permanenza stabile, nel contesto di un vero e proprio museo dedicato alla storia dell’ex convento e del tempietto longobardo.
Da un’operazione dalla logistica complessa, resa possibile da un accordo siglato – tempo addietro – fra Comune, Soprintendenza e parrocchia, è nato il progetto “Preziosi ritorni”, appunto: l’allestimento, che sarà inaugurato il 30 marzo, verrà accolto dalla seicentesca cappella dell’eucaristia delle monache, sul lato della chiesa di San Giovanni. E per i visitatori sarà una scoperta, perché leitmotiv fra i beni in esposizione – decine – è il fatto di non essere stati esposti, finora, alla vista del pubblico.
Gli oggetti arrivano, per la stragrande maggioranza, dal Museo archeologico nazionale cittadino, che li ha custoditi fino a oggi ma che per carenze di spazio non ha appunto avuto l’opportunità di metterli in bacheca. Curata dall’archeologo Luca Villa, la mostra vanta diversi pezzi d’eccellenza. È il caso di una croce dell’VIII secolo (126 cm x 80), in argento dorato sbalzato su base lignea: «Opera straordinaria – dice Villa -, dalla forma uguale a quella della bresciana croce di Desiderio.
Analogo il valore di due statue di dolenti, San Giovanni e Maria, che in origine erano probabilmente collocate accanto al grande crocifisso del Duomo». Ci sono, poi, numerosi frammenti lapidei che componevano l’arredo della chiesa di San Giovanni e creazioni di una bottega che verso la fine dell’età longobarda lavorò proprio in tale contesto: una di esse è stata restituita da recenti sondaggi nel terreno.
E ancora: si potranno ammirare una crocetta d’oro e un disco con un cervo aureo resi da due tombe rinvenute proprio in San Giovanni, nel Settecento. «Sono – spiega il curatore – fra le sepolture più ricche individuate in Italia. Ne affiorarono due parure da cinque croci ciascuna; furono anche individuate tracce di vesti con inserti aurei… Insomma: sepolcri di famiglie legate all’ambiente reale».
Un’altra sezione del percorso “racconterà” il tempietto da prospettive inedite: le indagini archeologiche hanno permesso di individuare le formelle dell’antico pavimento, le tessere musive (di straordinaria varietà cromatica) che decoravano il presbiterio, frammenti delle vetrate originali, colorate e contraddistinte da elementi geometrici e, pare, anche figurati. Completeranno il quadro oggetti di vario genere.
Lucia Aviani su messaggeroveneto