ArcheoTanatOS – L’archeologia funeraria in Trentino

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Le indagini condotte nella necropoli di Ossana, un piccolo centro della Valle di Sole, provincia di Trento, rientrano nella normale attività della Soprintendenza. Esse, infatti, scaturiscono dal procedimento autorizzativo cui sono sottoposti tutti i lavori che interessano beni tutelati: in questo caso la piazza adiacente l’antica chiesa parrocchiale. Nel 2007 il lavoro ebbe inizio e con esso, dopo pochi giorni necessari allo splateamento, anche lo scavo archeologico della necropoli messa in luce immediatamente sotto la sistemazione moderna dei piani.
Di fronte ad un’alta densità di sepolture e ad una stratigrafia pressoché esclusivamente cimiteriale, venne scelta una strategia di mediazione fra la necessità della Soprintendenza di tutelare il bene messo in luce, ciò che comportava necessariamente la sua comprensione, e le esigenze di restituire alla comunità la propria piazza, sistemata e fruibile. Pertanto le profondità raggiunte dallo scavo archeologico sono coincise con quelle richieste dal progetto, sebbene fosse chiaro che le sepolture e la stratigrafia non erano esaurite. Nonostante tutti i limiti sopra descritti, lo scavo del cimitero ha permesso di tracciare un quadro articolato e interessante della popolazione locale vissuta fra il XVII ed il XIX secolo, percepito e segnalato già in fase di cantiere grazie alla presenza dell’antropologo. A seguito di tali considerazioni è maturata l’idea, promossa da Arc-Team e condivisa senz’altro dalla Soprintendenza, di organizzare i dati raccolti in un database di tipo Open Source, agganciato ad un sistema di coordinate assoluto, al fine di sperimentare una condivisione in rete dei risultati, per quanto questi ultimi fossero ancora in fase di sistemazione e di studio. Impostata l’architettura del database, si sono fin da subito dovute affrontare alcune questioni strettamente correlate alla messa in rete delle informazioni: le caratteristiche dei dati in uscita (integrali o parziali?); la sicurezza del sito segnalato, che poteva venire meno una volta “pubblicato”; l’uso che dei dati poteva essere fatto dai navigatori della rete.
Rispetto alla prima questione è stato scelto di progettare una scheda che fornisse la pressoché integralità dei dati, seppure elaborati su livelli diversi, così da permetterne la fruizione ad ampio raggio.
Per quanto concerne la sicurezza del sito si è ragionato in termini di stato di fatto: l’area è stata parzialmente bonificata e, in quanto piazza, risulta naturalmente protetta da eventuali scavi clandestini.
Quanto all’uso dei dati, ci è sembrato che la soluzione migliore fosse di considerare la loro entrata in rete alla stregua di una pubblicazione cartacea: diventava, dunque, strategico il tipo di licenza che avremmo applicato al nostro database, poiché ad essa era demandata la protezione del testo e delle immagini ed il governo del loro contenuto. Dopo avere visionato le principali disponibili in rete, la scelta è caduta su “Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 3.0 Unported3“, che permette di “riprodurre, distribuire, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare..” l’opera a patto di citare la paternità dell’opera stessa e non alterarla. Proprio al riguardo di quest’ultima condizione d’uso – il divieto di ottenere le cosiddette “opere derivate” dal lavoro coperto da licenza – si è aperto un tema di discussione che non ha trovato e non trova facili soluzioni: il problema dell’opera derivata, infatti, non concerne tanto i nostri lavori quanto piuttosto le produzioni di tipo artistico. Se ne inferisce che, come in molti altri casi, l’archeologia e la sua produzione costituiscono “oggetti di nicchia”, le cui problematiche tecniche non hanno vasta ripercussione e dunque non sono considerate nelle pur numerose proposte di soluzione.
Analizzate le problematiche più urgenti ed illustrati gli esiti del nostro lavoro, ci pare di poter affermare che sono senz’altro rilevanti i vantaggi offerti da una divulgazione di questo tipo: una maggiore e più rapida circolazione dei dati – lo ribadiamo, opportunamente protetti – permette il progresso della ricerca scientifica. La prima, positiva, conseguenza si manifesta in una migliore tutela del patrimonio archeologico, poiché si possono elaborare strategie di intervento tanto più efficaci quanto più la conoscenza del bene è approfondita. Non solo: se consideriamo la conoscenza sotto il profilo quantitativo, una banca dati ricca, precisa e facilmente consultabile e aggiornabile risulta preziosa alleata della tutela.
In definitiva riteniamo che simili esperienze, se affrontate con la giusta attenzione ed un costante spirito critico, possono senz’altro essere reiterate: la sperimentazione, infatti, permette il continuo miglioramento del modello iniziale. E questo modello, a nostro avviso, va tenuto in alta considerazione se si vogliono sfruttare al meglio i prodotti di una tecnologia che interviene nelle ricerche archeologiche in modo sempre più importante.

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