L’arco cronologico preso in esame dallo studio è identificabile nel suo termine di partenza con l’arrivo delle popolazioni longobarde nel Lazio meridionale e la di poco successiva costituzione del Ducato Romano, nel corso dell’ultimo quarto del VI secolo d.C. È da questo momento, infatti, che i territori in oggetto cominciano a delinearsi quale fascia confinaria tra Ducato Romano bizantino e Ducato di Benevento longobardo. Tuttavia, anche la fase immediatamente precedente, interessata dalle tumultuose vicende relative alla fine dell’Impero d’Occidente e poi dalle guerre greco-gotiche, quindi grosso modo tra metà V e metà VI secolo, ha comportato un processo di militarizzazione che ha lasciato segni riconoscibili nel territorio, talvolta densi di sviluppi esplicatisi nelle fasi successive.
Il termine cronologico conclusivo della ricerca è stato invece individuato, ben oltre la fine del Ducato Romano e la nascita formale di uno stato pontificio, nella fase di rivalutazione strategica di alcuni dei numerosi incastellamenti sorti nell’area tra X-XI secolo, operata dal papato romano tra XII e XIII secolo e esplicatasi nella creazione creazione di castra specialia a controllo e difesa dei confini di uno stato pontificio sempre più consolidato e coeso; nel Regno di Sicilia un simile processo culminerà nella generale revisione operata nel pieno XIII secolo da Federico II, anche dal punto di vista strutturale, sui castelli e le rocche strategicamente più importanti, ovvero i castra exempta che le fonti contemporanee menzionano come proprietà diretta dell’imperatore. Assai presto, nel corso della ricerca, si è avuto modo di constatare che la valorizzazione strategica di questi siti incastellati è proceduta avendo quale riferimento primario nodi essenziali identificabili lungo le reti di viabilità terrestre, fluviale o marittima di singole aree poste all’interno della fascia confinaria considerata: queste ultime si sono quindi rivelate delle affidabili aree- campione attraverso cui ricostruire, per mezzo di un’analisi ispirata ai concetti basilari del metodo regressivo, la situazione topografica altomedievale per i contesti di studio considerati.
Gli specifici temi di analisi che hanno costituito oggetto di approfondi- mento nell’ambito di questo studio sono i seguenti:
- 1) Le dinamiche di popolamento, le scelte insediative e il grado di influenzache la condizione di territorio limitaneo ha impresso su di esse.
- 2) Le forme strutturali in cui sono andate articolandosi nel tempo le dinamiche di difesa del territorio.
- 3) Le principali caratteristiche delle dinamiche di sfruttamento del territorionel rapporto tra poteri pubblici e interessi privati e il grado di influenza che la condizione di area confinaria ha impresso su di esse.
Nel condurre la ricerca sulle dinamiche e le scelte insediative in relazione
alle peculiarità del territorio, si è partiti tenendo conto della situazione del popolamento così come era andata configurandosi fino agli inizi dell’arco cronologico preso in esame, sia per quanto riguarda la maglia degli insediamenti accentrati sia per quanto concerne l’insediamento sparso.
La ricerca è poi proseguita analizzando l’avvicendarsi, ma anche il coesi- stere, di diverse modalità di insediamento modellate in relazione alle variabili evolutive socio-economiche della fascia limitanea considerata; si è proceduto dunque distinguendo ed identificando le variazioni negli assetti topografici degli insediamenti accentrati a continuità di vita e di nuova fondazione, la consistenza e l’articolazione dell’insediamento sparso, l’evoluzione delle forme di risalita in altura fino alla definizione degli esiti di incastellamento alle soglie del pieno Medioevo, ed infine valutando le variazioni nella consistenza e soprattutto nell’organizzazione delle proprietà fondiarie nel passaggio dalla tarda antichità al Medioevo.
Riguardo l’analisi delle forme strutturali deputate alla difesa del territorio si è voluto in special modo indagare quanto e se fossero riconoscibili sul territorio in questione forme strutturali e dinamiche già accertate in altri territori confinari di Italia, quali castra di fondazione tardo-antica o altomedievale ed eventuali sistemi di linee difensive e fortificazioni, e se castra urbani ed episodi di recinzione muraria all’interno delle civitates tra Tardo-Antico e Alto Medioevo rispondessero a particolari necessità difensionali del territorio o piuttosto a un generale modello insediativo.
I dati relativi alle fonti, all’edito e alle realtà di carattere insediativo e difensivo delle civitates a continuità di vita e dei castra di età tardo-antica e altomedievale sono stati sistematizzati attraverso un modello di scheda di sito- insediamento appositamente formulato per permettere una piena leggibilità dei dati acquisiti e insieme favorirne l’interrelazione el’interpretazione.
Inoltre, per i secoli X e XI, si è voluto accertare se e in quali modi e forme le dinamiche di incastellamento abbiano riflesso le mutevoli condizioni della linea di confine e la variabile percezione di essa; in particolare si è voluto focalizzare l’attenzione su quei siti incastellati che le fonti scritte tra fine XI e XIII secolo menzionano in relazione al loro valore difensivo-militare essendo collocati in aree di particolare importanza strategica o in punti nodali del si- stema di comunicazioni lungo la fascia confinaria, e che per questo motivo sono stati inseriti nella schedatura in appendice.
Si è cercato infine di confrontare nei territori costieri pontifici le modalità disfruttamento del territorio affermatesi nelle aree di proprietà ecclesiastica con quelle messe in opera dal potentato laico gaetano che va consolidandosi tra fine IX e X secolo, e di delineare nel Ducato di Benevento e poi nel Regno di Sicilia il rapporto tra l’amministrazione longobarda, normanna e sveva e l’iniziativa monastica, diretta soprattutto da Montecassino nell’organizzazione del proprio patrimonio rurale per cellae e poi per castra.
La metodologia perseguita nello svolgimento della ricerca ha previsto, dopo un adeguato inquadramento storico del territorio, un attento spoglio bibliografico, allo scopo di recuperare il maggior numero di dati provenienti dal materiale edito. La ricerca del dato documentario è proseguita poi analizzando i documenti conservati negli archivio abbaziali di Montecassino e Trisulti, negli archivi capitolari delle sedi diocesane interessate, negli Archivi di Stato di Frosinone, Roma, Capua e Napoli, nel Codex Carolinus, nel Codex Diplomaticus Cajetanus e nelle varie cronache medievali quali la Chronica Monasterii Casi- nensis, il Chronicon S. Benedicti Casinensis, gli Annales Casinenses, il Cartario Casamariense, la Ryccardi de Sancto Germano Chronica, il Chronicon Vultur- nense e il Chronicon Fossae Novae. Ulteriori dati utili alla ricostruzione della situazione topografica antica, tardo-antica e altomedievale sono pervenuti, oltre che dagli autori classici, dalla disamina della Cosmographia dell’Anonimo Ravennate, del Guidonis Geographica, della Tabula Peutingeriana, della Descriptio Orbis Romani di Giorgio Ciprio e della cartografia storica tra cui di fondamentale utilità le carte del Frutaz o quelle conservate nell’Archivio Abbaziale di Montecassino. Parimenti utile si è rivelata certamente la consultazione dei catasti storici quali l’Alessandrino e il Gregoriano e la loro comparazione con i catasti moderni comunali e con la cartografia IGM e CTR.
La ricerca indirizzata verso le fonti indirette si è accompagnata ad una costante opera di verifica sul territorio, rintracciando attraverso ricognizion delle acropoli o delle zone alte interne a molte città italiane, spesso intorno alle cattedrali o a chiese destinate a diventarlo al più tardi nell’XI secolo programmate le evidenze strutturali attraverso cui si sono esplicate le dinamiche di difesa dei singoli siti individuati.
Le strutture sono state prese in esame attraverso la lettura delle stratigrafie verticali, analizzando da un lato le soluzioni architettoniche e la diacronia strutturale dei diversi complessi, per le quali si è proceduto ad operare confronti con strutture già studiate e conosciute, dall’altro le tecniche utilizzate nella realizzazione dei paramenti murari, laddove essi erano ancora osservabili. Lo studio delle tecniche murarie si è esplicato nella classificazione di tipologie il più possibile valevoli per l’intera area di ricerca, che hanno per- messo di comparare tali tecniche con quelle classificate in studi e compendi tipologici già effettuati riguardo l’area basso-laziale.
Il territorio di cui tratta la presente ricerca è individuabile nella fascia del Lazio meridionale odierno compresa tra i territori bagnati dal fiume Liri e dal fiume Melfa (diocesi di Ferentino, di Veroli, di Sora e di Aquino) e l’area compresa tra la costa tirrenica, il bacino del Garigliano e i Monti Lepini, Au- soni e Aurunci (diocesi di Terracina, Fondi, Formia, Gaeta e Minturno).
La scelta di distinguere il territorio di analisi in area interna e area costiera, motivata inizialmente per la maggiore consuetudine di studio maturata in passato nei confronti dell’area interna,10 si è presto rivelata idonea per analizzare due realtà geografiche che mostrano caratteristiche territoriali e vicende storiche abbastanza differenziate e che non a caso, a partire dal papato di Innocenzo III (1198), verranno distinte concettualmente, anche se non an- cora a livello amministrativo, attraverso la collettiva denominazione di Campania et Maritima.
IL TERRITORIO
L’area interna del territorio oggetto di studio è compresa tra le propaggini dei Monti Ernici a Nordest, il bacino idrografico del Sacco-Liri-Garigliano a Sudovest e il Monte Cairo a Est. L’area costiera è invece compresa tra il Mar Tirreno a Sud e le ultime propaggini dei Monti Lepini a Nordovest, la catena dei Monti Ausoni e Aurunci a Nord e il bacino del Sacco-Liri-Garigliano a Sudest.
La catena dei Monti Ernici è una delle catene montuose costituenti il sistema dell’Appennino laziale, compresa fra il corso superiore dell’Aniene a Nord, il fiume Liri a Est e il fiume Sacco a Sud. Le sue cime maggiori sono La Monna (m 1951) e Pizzo Deta (m 2041). È costituita di roccia calcarea, e i monti che ne fanno parte hanno una morfologia generalmente arrotondata, do- vuta al carsismo che qui presenta la più grande varietà di forme rispetto a tutti gli altri rilievi del Lazio, con numerosi inghiottitoi, grotte, doline.
Subito a Est della Conca Sorana, il confine amministrativo tra le regioni di Lazio e Abruzzo si inerpica sul massiccio della Meta, per raggiungerne il culmine sul Monte Petroso (2247 m); il versante meridionale di quest’ultimo appartiene dunque al Lazio, delineando un arco intorno alla Val di Comino, solcata dal fiume Melfa affluente del Liri. I calcari del Giura, che formano il blocco principale del massiccio, conferiscono un paesaggio aspro: le forme attuali sono state modellate dall’azione erosiva delle acque correnti che hanno creato valloni incassati irradianti in ogni direzione, come la Val di Comino e la Valle di Canneto, tra le quali si erge il contrafforte delle Mainarde (2070 m). Qui il carsismo ha avuto minore sviluppo: il glacialismo ha lasciato tracce evidenti (circhi, laghi glaciali, archi morenici) soprattutto sui versanti esposti a settentrione; nel Würmiano un ghiacciaio occupava la Valle di Canneto, dove è ancora riconoscibile un lembo della morena che ne segnava il termine. Si raccordano alle Mainarde, oltre la Valle di Canneto, i rilievi che circondano il bacino fluviale del Rapido: il Monte Monna di Casale (m 1395), il Monte Bianco (m 1167) e infine l’erto contrafforte del Monte Cairo (m 1669) che scende con balze scoscese sul Liri: su una di queste balze sorge a 516 m s. l. m. l’Abbazia di Montecassino.1 Sull’altro versante della valle, il sistema mon- tuoso degli Ausoni è caratterizzato da cime meno elevate (Monte delle Fate, m 1090) ma è costituito anch’esso da un blocco calcareo; il gruppo è nettamente diviso in due dalla tortuosa valle dell’Amaseno. La sezione Nord, nota per l’imponenza dei fenomeni carsici quali le Grotte di Pastena, degrada verso la valle del fiume Liri con gradinate talvolta aspre e ripide. A Sudest, quasi senza soluzione di continuità, si erge il gruppo degli Aurunci, la cui cima più alta, il Monte Petrella, raggiunge i m 1535 di altezza. Anche gli Aurunci pre- sentano una discreta rilevanza dei fenomeni carsici, che conferiscono al si- stema montuoso un aspetto di seghettata catena a forma di semicerchio.
Molto ricca nell’area interna è la circolazione sotterranea delle acque e numerose sono le sorgenti che alimentano il Liri, il Melfa e il Gari.
La Valle Latina, che costituisce la maggiore sezione pianeggiante dell’intero Lazio interno e su cui i Monti Ernici, i Lepini e gli Ausoni-Aurunci si affacciano rispettivamente dal loro versante sudoccidentale, nordorientale e settentrionale, è la piana alluvionale creata dal bacino idrografico dei fiumi Sacco, Liri e Garigliano. Ha inizio alla Madonna del Piano sotto Morolo e si prolunga con orientamento Nordovest-Sudest grosso modo fino al confine tra il Lazio e la Campania. La valle, interrotta da lievi intumescenze, alterna sezioni larghe con altre più anguste, a seconda che le estreme propaggini dei diversi sistemi montuosi circostanti si facciano più o meno vicine all’impluvio, sepolte dai sedimenti alluvionali e dai riempimenti lacustri villafranchiani. La pianura a valle di Pontecorvo si trasformò durante il Quaternario in un lago a causa dei materiali eruttati dal vulcano di Roccamonfina che sbarrrono il corso del Liri. Il lago dovette raggiungere dimensioni considerevoli, estendendosi all’incirca fino al territorio di Cassino; quando il Liri riuscì ad aprirsi una via al mare attraverso il varco di Suio, ad ovest di Roccamonfina, il lago si prosciugò naturalmente.
La Valle Latina è fittamente popolata, sia per quanto riguarda i centri urbani sia per quanto riguarda gli insediamenti sparsi che, soprattutto negli ultimi decenni, hanno subito un’impressionante espansione. Il fondovalle è variamente coltivato (prevalgono i piccoli e medi appezzamenti) e nonostante qualche lembo di vegetazione autoctona ciò che prevale è l’impronta data dall’attività antropica: insediamenti, infrastrutture, cave, industrie.5
Il fiume Sacco, che ha origine dal Monte Casale nei Prenestini ed è lungo circa km 87, ricevuti alcuni affluenti tra cui il Cosa subito a Nord di Frosinone, si unisce al Liri poco a valle di Ceprano;6 il fiume Liri nasce in Abruzzo dalle pendici nordorientali dei Monti Simbruini, percorre la Val di Roveto, profondamente incassata tra ripide pareti calcaree, nella quale dal 1874 riceve una parte delle acque dell’emissario artificiale del Fucino, lago prosciugato artificialmente, e entra nel territorio del Lazio poco a monte di Sora. Qui si allarga nella Conca Sorana (m 280 s.l.m.), ed è ancora poco più di un torrente irregolare quanto a portata (massime fino a 390 mc./sec., minime anche al disotto di 4) quando riceve le copiose acque carsiche del fiume Fibreno, originato dal Laghetto di Posta, cosicché ad Isola Liri, dove forma una piccola cascata di 27 metri di altezza, è stato in grado in un passato recente di azionare alcuni notevoli impianti idroelettrici. Dopo aver attraversato i territori dei comuni di Monte San Giovanni Campano e Castelliri, il Liri sbocca nella Valle Latina e presso Ceprano, ricevute le acque del Sacco, cambia direzione, voltando verso Sud-Est e continuando la maggiore delle valli interne del Lazio fino al confine con la Campania. Il Liri, ricevute le acque del Melfa in località Apollinare poco a Sud di Aquino, unisce infine le sue acque con il fiume Gari; preso così il nome di Garigliano, il sistema fluviale svolta verso Sud, costituendo nel suo ultimo tratto la linea di confine tra Lazio e Campania, e sfocia infine nel Mar Tirreno presso Minturno.