La tradizione vuole che nel corso dell’VIII secolo una parte degli abitanti di Aquino, distrutta dai Longobardi, trovassero riparo sulla cima del monte Asprano, luogo inospitale ed appunto aspro ma che presumibilmente aveva delle persistenze di epoca pre-romana, come ha individuato di recente il Coarelli, segnalando l’esistenza di mura poligonali che costituirebbero lo stanziamento dell’Aquinum volsca (sec. IV a.C.).
Intorno agli inizi dell’XI secolo, i gastaldi di Aquino, per fermare l’espansionismo dell’abbazia di Montecassino, che aveva fatto erigere un insediamento fortificato sul versante meridionale dello stesso monte, il castello di Roccasecca (994), fecero innalzare un maniero che prese il nome di Castrum Coeli.
La successiva donazione poco prima del Mille all’abbazia di Montecassino, quando era abate Mansone, sembrerebbe aver forse comportato un primo rimaneggiamento delle strutture già in rovina anche se queste prime notizie storiche sembrano essere piuttosto labili. Certamente in ogni caso un edificio fortificato è stato costruito nel corso dell’XI secolo, visto che esso è indicato come Castro Cieli nella porta bronzea della ricostruita chiesa abbaziale di Montecassino consacrata nel 1071.
Un’altra fonte è quella che, nel 1231, vede la fortificazione del castrum da parte di Federico II di Svevia che lo include nella serie di castelli da lui restaurati o completamente ricostruiti situati nel Lazio meridionale.
L’antropizzazione del monte portò a scontrarsi con problemi logistici come le carenze idriche che mossero la popolazione al ritorno in valle. Edificando un villaggio che prese il nome di Cantalupo, tale ubicazione mal si conciliava con un’efficace organizzazione difensiva, cosicché l’abitato fu spostato più a nord-est dove la presenza di un poggio offriva l’opportunità di creare un centro fortificato con mura di cinta, torri di difesa e porte.
L’agglomerato urbano prese il nome generico di “Colle” a cui fu aggiunto il nome del suo protettore “San Magno” dall’omonimo vescovo di Trani.Nei primi decenni del 1300, nei pressi del Castrum Coeli, fu eretta una chiesetta dedicata a S. Maria Assunta in Cielo a servizio pastorale delle comunità di Colle San Magno e di Palazzolo.
La fase di abbandono definitivo è posta nel corso del XVI secolo, quando il possesso del sito d’altura passò dai Marchesi d’Avalos, proprietari dal 1504, al duca Giacomo Boncompagni, nel 1796, questi ultimi diedero Colle San Magno in permutazione al Regno di Napoli.
Relazione di scavo.
La ricerca archeologica si è svolta su incarico del Comune di Colle San Magno, tra l’ottobre e novembre 2003, tale intervento rientra in più vasto progetto finalizzato a conoscere e salvaguardare un sito, per il quale le fonti scritte sono piuttosto scarse.
L’azione di scavo è stata localizzata a ridosso di una torre semicircolare facente parte del presumibile muro di cinta esterno della fortificazione. Si trattava di una torre posta in posizione strategica, sul ciglio di un terrazzamento nord dal quale si domina la piana del Liri.
All’estremo opposto del terrazzamento, quindi sul limite sud, si trova il castello vero e proprio.
Il saggio ha avuto dimensioni di 5.80 m circa di larghezza e 8.40 m circa di lunghezza, considerando anche la struttura semicircolare. Dopo l’asportazione dell’humus (US 001), sono state individuate altre strutture che si dipartivano a 90° dal fronte della torre e che si legavano, a loro volta con un altro muro parallelo al muro frontale. Si è così rilevato che, a quella semicircolare, preesisteva una torre di forma rettangolare, sulla prima è stata poi impostata. I paramenti interni ed esterni di questi muri sono costituiti da materiale lapideo calcareo compatto di medie e grandi
dimensioni, reperibile in loco. Le dimensioni in pianta dell’edificio rettangolare sono di 5.30 x 8.00 m circa. Gli spessori di questi muri sono: nel muro ad est (USM 014) m 1.40; il muro sud (USM 016) m 1.67 e il muro ad ovest (USM 018) m 1.30, il muro nord, infine, (USM 008) ha uno spessore di 3.30 m, presumibilmente perché su di esso s’impostava una sorta di pianerottolo, sul quale è stato poi sovrapposto il muro semicircolare, e dal quale, poi, si elevava l’alzato che probabilmente, visti gli spessori dei contigui muri, doveva essere di notevole dimensione. I muri presentano una struttura a sacco costituita da calcare compatto, come già detto, e pochissimi frammenti di laterizi legati a malta sabbiosa di colore giallastro e consistenza friabile. Dove si conservano i filari della cortina, questi sono di andamento pseudo-orizzontali abbastanza regolari in altezza, variabile dai 7 cm ai 30 cm circa. E’ probabile, che la torre rettangolare sia da annoverare tra i primi interventi attuati al momento della rioccupazione dell’altura e che, in una seconda fase, tale torre sia stata rasata in parte per far posto alla struttura semicircolare e alla prosecuzione delle mura di cinta, quando il sito fu soggetto di una nuova stagione cantieristica e vi fu una riprogettazione intera del castello e dei suoi annessi. Le caratteristiche delle murature individuate nella torre rettangolare fanno pensare ad una fase costruttiva unitaria, come può rilevarsi, dall’omogeneità della tecnica costruttiva e dall’ammorsatura delle stesse.
Le fasi di questa torre possono verosimilmente rispecchiare l’evoluzione che il castello nel suo complesso ha avuto in pochi decenni, con una prima fase, più antica, nella quale ricade la struttura rettangolare e una seconda fase, con la torre circolare, che comprendeva una ristrutturazione che potenzia e amplia la cortina difensiva. Queste due fasi sono riscontrabili, in via preliminare, anche all’interno del castello e in strutture affioranti a ridosso del castello stesso.
Si è accertata, durante lo scavo, una facies ceramologica di una varia sequenza crono-tipologica (ceramica acroma, a pareti sottili, a bande rosse, invetriate e protomaiolica), ovviamente ciò è oggetto di uno studio in corso.
Le indagini diagnostiche
Simultaneamente al saggio di scavo praticato a ridosso di una delle torri semicircolari, si è svolta una campagna di conoscenza di tutte le strutture affioranti sulla sommità del monte Asprano, per chiarirne gli essenziali momenti costruttivi del maniero.
L’area del castello ha portato all’identificazione di diverse fasi costruttive. Il mastio, si denota come la costruzione originaria, il primo nucleo fortificato è costituito da un fabbricato a pianta rettangolare (circa 13 m x 5 m) con murature con spessore di circa 1.10-1.20 m, edificato direttamente sopra la roccia vergine. La torre è composta da pietra calcarea di diverse grandezze con agli angoli blocchi parallelepipedi messi in orizzontale con qualche frammento di laterizio nei letti di malta per livellarne orientamento, inoltre, è presente, una volta, in parte squassata, che copre un vano interrato. Sull’estradosso della volta si trova un piccolo muro obliquo che doveva far parte del piano superiore, la cui presenza è rafforzata da una feritoia strombata verso l’esterno, collocata sulla parete sud-occidentale.
Altri interventi interessano la torre rettangolare, un primo contrafforte, ubicato nell’angolo sud-orientale, e da un susseguente che essenzialmente realizza una sorta di contenitore a scarpa lungo il lato occidentale dell’edificio. Questo secondo sostegno ha origine con la creazione di un paramento superficiale inclinato a scarpa il cui interno è costituito da materiale a secco, come risulta da una spaccatura realizzatasi nell’estremità settentrionale dalla quale è colato il riempimento.
La prima cinta muraria comprende l’originario nucleo fortificato con un perimetro poligonale a quattro lati ma molto simile ad un triangolo.
La struttura esistente all’interno di questo primo circuito è un edificio che presenta delle caratteristiche molto interessanti, è concepito senza torri (l’unica torre di forma semicircolare, è stata annessa in un secondo tempo, è non presenta spigoli vivi negli angoli, sia sul lato occidentale, dove doveva assestarsi alla morfologia della roccia che proprio lì balza giù ripidamente verso la valle, sia sul versante orientale dove in realtà non ce ne era bisogno. L’altra specificità è quella di mostrare inseriti nella muratura, numerosi laterizi, specialmente frammenti di tegole, particolarità assente nelle altre strutture murarie del castello.
Sui lati orientali, vi si aprono diverse feritoie per l’ispezione del territorio adiacente il Monte Cairo mentre fori a distanza regolare e riseghe a diverse altezze lasciano intuire almeno due piani di camminamento, presumibilmente costituiti da mensole e assi lignei, oltre al piano di terreno che doveva sfruttare la roccia, che non sembra essere stata sistemata in piano.
La costruzione non doveva essere molto più elevata di quanto si preserva ancora oggi tale ipotesi è confermata dal fatto che su lato settentrionale si conservano dei merli solo in seguito occlusi.
All’esterno e poco discosto da questo nucleo fortificato è stato ritrovato, uno muro spesso che piega ad angolo retto e che potrebbe essere interpretato come torre posta nel punto più alto del monte a controllo della valle verso sud. Questa ipotesi, è rafforzata proprio dalla torre quadrata, scoperta nell’indagine archeologica, che sosterrebbero di postulare l’esistenza di due robusti torrioni, entrambi con uno spessore considerevole delle murature, poste alle estremità settentrionali e meridionali del monte Asprano e rasati in una fase successiva.
Verso sud si trova un successivo recinto murario che comprende in un circuito tutta la sommità del monte inclusa tra il mastio e le torri oggetto delle recenti scoperte archeologiche.
Questi resti, caratterizzati da pietra calcarea di diverse dimensioni legati da abbondante malta presentano, riutilizzati, dei blocchi di dimensioni molto grandi che sono svelati come i resti di una precedente cinta muraria di età preromana o comunque con le caratteristiche che presentano le fortificazioni dei centri preromani nel basso Lazio.
Il nucleo primordiale, parrebbe essere costituito dalla torre rettangolare, e dalle altre due torri poste quasi simmetricamente agli opposti del piano del monte.
Ad un periodo ulteriore va ascritta la cinta muraria che cinge la parte edificata superiore, dalla pianta vagamente triangolare, forse il piccolo corpo rettangolare posto a nord e, probabilmente, in due momenti diversi, i due contrafforti che vengono realizzati per contenere la cisterna danneggiata dall’usura e dal tempo.
Risulta complicato sistemare cronologicamente, la fortificazione muraria più ampia che riutilizza i grandi blocchi. Essa, infatti, non ha nessun legame stratigrafico con le altre strutture e va indiscutibilmente associata ad un nucleo fortificato più interno, forse la cinta triangolare.
L’annessione della torre semicircolare sul lato orientale della seconda cinta muraria va vista verosimilmente come un rafforzamento della sorveglianza sul quel lato e che forse, va messa in relazione alla foderatura della torre rettangolare rinvenuta nel saggio di scavo.
All’ ultima fase di vita del sito potrebbe poi essere riferita l’edificazione della grande cinta muraria con torri semicircolari e rettangolari che andava ad abbracciare sul versante occidentale del monte, per incorporare al suo interno l’agglomerato urbano.
Dott. Archidio Mariani
credit:
Direzione scientifica: Soprintendenza Archeologica del Lazio;
Ente appaltatore: Università Suor Orsola Benincasa di Napoli;
Ente finanziatore: Comune di Colle San Magno (FR)
Collaboratori: Antonio Oliveto, Annalisa Gobbi, Alessia Frisetti, Silvia Santorelli, Alessandro Luciano, Rosaria Monda, Ilaria Ebreo.
immagini tratte da www.sanvincenzoalvolturno.it