L’area indagata a maggio come prosecuzione verso sud del saggio II ha portato alla scoperta di un grande muro perimetrale appartenente al cassero, ancora ben conservato in altezza, tanto da permettere di vedere per poco meno della metà i resti di portale d’accesso nord al complesso, delimitato da stipiti di tufo. Il portale mostrava chiari segni di riutilizzo a finestra, con la chiusura postuma di buona parte della sua luce. Un elemento sicuramente in fase con questo riutilizzo sono tre contrafforti in muratura, perpendicolari alla cinta del cassero, che ne salvaguardavano la stabilità, e che insieme ad una struttura parallela, andarono a delimitare un grande spazio ad uso non abitativo, entro il quale sono state rinvenute stratigrafie di abbandono estremamente interessanti al fine di ricostruire le vicende storiche del castello; in particolare, un grosso strato di bruciato, relativo molto probabilmente ad un incendio di grosse dimensioni che interessò quell’area. Potrebbe trattarsi dell’incendio connesso alla distruzione del 1431, opera delle soldatesche di ventura al soldo dei Colonna. I numerosissimi materiali rinvenuti in questo livello, per lo più maioliche, ad un primo esame autoptico sembrerebbero confermare questo dato cronologico.
Ancor più importante quanto emerso dal terzo saggio di scavo. Qui, una volta rimossi i grandi resti murari del crollo della torre, fatta saltare in aria nel 1934, per motivi di sicurezza, si è potuta rilevare la presenza di due edifici contigui, uno dei quali sicuramente identificabile con la chiesa castellana. Uno dei due ambienti, di notevoli dimensioni, posto accanto alla porta d’accesso sud del castello, conservava ancora perfettamente la pavimentazione in lastre di tufo, pavimentazione che continuava anche oltre uno dei muri perimetrali ed era in asse con la porta sud del Castello.
Il secondo edificio, parallelo è stato parzialmente scavato, ma al suo interno sono state raccolti un buon numero di frammenti di affresco. La posizione di quest’ultimo edificio, corrisponde ad una struttura identificata, in una pianta del castello del 1903, come chiesa che sfruttava uno dei salienti della cinta muraria come abside. Ad una ripulitura delle piante infestanti è risultato che questo saliente conservava all’interno chiare tracce d’intonaco, inoltre su uno degli angoli era stato ricavato un pilastro di base di un arco, ancora in parte conservato. Sul pilastro entro una piccola nicchia quadrangolare, si conservava, sul fondo, il contorno di un affresco, raffigurante forse un volatile, entro una cornice di colore rosso.
Nel corso della presentazione è stato annunciato che nella primavera del 2009, probabilmente in occasione della Settimana della Cultura, verrà presentato il primo volume delle ricerche sul Castello di Piombinara, finanziato dalla Regione Lazio e dalla Provincia di Roma.
Infine il Direttore dello Stabilimento dell’Italcementi di Colleferro, partner ufficiale della Missione archeologica, ha ribadito l’impegno della Società a sostenere per i prossimi cinque anni le indagini di scavo e preannunciato anche la disponibilità dei laboratori di ricerca di questa grande industria al fine di ottenere un prodotto a basso costo utile al restauro delle strutture murarie in tufo, utilizzando il castello di Piombinara come test di sperimentazione.
Angelo Luttazzi (Direttore Museo Archeologico del Territorio Toleriense di Colleferro
Tiziano Cinti, Mauro Lo Castro (cooperativa archeologica “Il Betilo”)